VILLA ADRIANA 16/19.IX.2020
Ingresso libero fino ad esaurimento posti
Puoi prenotare il tuo biglietto su EVENTBRITE


MERCOLEDÌ 16.IX.2020 
ORE 20.00

TITUS

regia di Julie Taymor, con Alan Cumming, Jessica Lange, Anthony Hopkins, Harry Lennix, Laura Frazer

1999, Regno Unito – Italia – Usa, 162’, drammatico

Tratto da Titus Andronicus, la prima tragedia scritta da Shakespeare, il film narra le vicende del generale romano il cui nome dà il titolo all’opera. La sua vittoria e la conseguente cattura di Tamora, regina dei Goti, è motivo di una serie infinita di vendette la cui crudeltà giunge a livelli di parossismo difficilmente immaginabili e che porteranno all’annientamento di tutti i personaggi coinvolti.

Julie Taymor, regista teatrale e cinematografica, è nata nel 1952 a Newton, negli Stati Uniti. Ha diretto The tempest (1986), Fool’s Fire (1992), Oedipus Rex (1993), Titus (1999), Frida (2002), Across the Universe (2007), The tempest (2010), The Glorias (2020). Nella carriera della regista ritornano più volte adattamenti da testi di Shakespeare che si fanno notare per la loro originalità. Se, nel caso di Titus, l’ambientazione senza tempo che unisce elementi di antichità a immagini moderne (come quella dell’EUR di Roma) si è imposta subito all’attenzione di critica e pubblico, anche la scelta, in The Tempest, di affidare a una donna il personaggio di Prospero ha suscitato curiosità. Con il film Frida Julie Taymor ha raccontato una delle più importanti figure femminili della storia dell’arte.

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GIOVEDÌ 17.IX.2020
ORE 20.00

LA BALIA

regia di Marco Bellocchio, con Maya Sansa, Fabrizio Bentivoglio, Valeria Bruni tedeschi, Michele Placido, Elda Alvigni, Pier Giorgio Bellocchio, Eleonora Danko

1999, Italia, 106’, drammatico

Partendo dalla novella di Luigi Pirandello, il film racconta, nella Roma umbertina, la vicenda di una coppia dell’alta borghesia nel momento in cui nasce il primo figlio. Tra la madre e il bambino non sembra svilupparsi alcun rapporto, al punto che è necessario rivolgersi a una balia, al cui seno, diversamente che a quello della madre, il piccolo si attacca. Questo fatto, inevitabilmente, modifica i rapporti tra i protagonisti, innescando gelosie e ripensamenti. A rendere più difficili le cose il comportamento di Annetta, il cui marito è in carcere per motivi politici, la quale ogni giorno si assenta per un breve lasso di tempo senza dare spiegazioni.

Marco Bellocchio, nato a Bobbio in provincia di Piacenza nel 1939, ha frequentato il Centro Sperimentale di Cinematografia e, nel 1965, con I pugni in tasca, il suo primo lungometraggio, ha vinto la Vela d’Argento al Festival di Locarno. Con il successivo La Cina è vicina si è aggiudicato il Gran Premio della giuria al Festival di Venezia del 1967. A film che affrontano temi di forte attualità come Sbatti il mostro in prima pagina, La bella addormentata, L’ora di religione, Il traditore il regista accosta documentari, pellicole in costume (Vincere) e pellicole tratte da opere letterarie e teatrali come, ad esempio, Il gabbiano, Enrico IV, Diavolo in corpo, Il principe di Homburg, La Balia. Nel film a episodi del 1969 Amore e Rabbia, che annovera fra gli altri La sequenza del fiore di carta di Pier Paolo Pasolini, Bellocchio firma Discutiamo, discutiamo.

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VENERDÌ 18.IX.2020
ORE 20.00

NOTIZIE DEGLI SCAVI

regia di Emidio Greco, con Giuseppe Battiston, Ambra Angiolini, Iaia Forte

2010, Italia, 89’, drammatico

Il Professore vive in una casa d’appuntamenti facendo quei piccoli lavori che, utili alla conduzione della casa, sono compatibili con il suo ritardo mentale. Un giorno, però, per soddisfare il favore chiestogli da una conoscente, va in ospedale a trovare una donna che, in passato, ha lavorato come prostituta all’interno della casa. L’incontro si rivelerà fondamentale per tutti e due e fondamentale sarà il sito della bellissima Villa dell’Imperatore Adriano, da cui emerge l’immagine di un passato che, pur non mantenendo il fulgore di un tempo, conserva un irresistibile senso della bellezza.

Emidio Greco (20 ottobre 1938 – 22 dicembre 2012) ha esordito alla regia nel 1974 con L’invenzione di Morel, dal romanzo di Adolfo Bioy Casares. L’origine letteraria caratterizza una buona parte dei suoi film: Karen Blixen per Ehrengard (1982), Leonardo Sciascia per Una storia semplice, 1991 e Il consiglio d’Egitto, 2002, Franco Lucentini per Notizie degli scavi. Il suo documentario Niente da vedere niente da nascondere racconta l’opera dell’artista Alighiero Boetti con la voce dello stesso Boetti.

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SABATO 19.IX.2020
ORE 20.00

DAGOBERT

regia di Dino Risi, con Coluche, Michel Serrault, Ugo Tognazzi, Carole Bouquet, Isabella Ferrari, Michael Lonsdale, Venantino Venantini, Moana Pozzi

1984, Francia - Italia, 118’, comico storico

Nei primi anni del VII secolo, il re Dagobert compie un viaggio a Roma per ottenere dal papa Honorius I l’assoluzione dai numerosi peccati compiuti. Il vero papa, però, è stato rapito e, al suo posto, Dagobert trova un sosia identico a quello in tutto e per tutto tranne che nel rigore morale. Per conseguire i suoi scopi politici, il finto papa non pensa tanto ad assolvere Dagobert, quanto, piuttosto, a farlo unire in matrimonio alla bellissima principessa bizantina Héméré.

Dino Risi (23 dicembre 1917 – 7 giugno 2008) è stato uno dei più noti registi italiani. A lui si devono titoli che hanno contribuito a scrivere la storia del nostro cinema. Poveri ma belli (1956), Il sorpasso (1962), La marcia su Roma (1962), I mostri (1963), Vedo nudo (1969), Sessomatto (1973), Profumo di donna (1974) sono solo alcuni dei film da lui diretti. Con Dino Risi il cinema comico affronta temi e trova modi del tutto nuovi. Insieme a Mario Monicelli e a Luigi Comencini Dino Risi è considerato uno dei principali esponenti della commedia all’italiana.

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VILLA D'ESTE 20/27.IX.2020
Ingresso libero fino ad esaurimento posti
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DOMENICA 20.IX.2020
ORE 20.00

IL RACCONTO DEI RACCONTI

regia di Matteo Garrone, con Salma Hayek, Vincent Cassel, John C. Reilly, Christian Lees, Jonah Lees, Alba Rorhwacher, Massimo Ceccherini

2015, Francia, 134’, Fantasy

Il film è la trasposizione cinematografica di tre novelle di Lo cunto de li cunti, raccolta di fiabe di Giambattista Basile pubblicata nei primi decenni del Seicento. La cerva, La pulce e Le due vecchie sono i titoli dei racconti che compongono la trama di un film che si muove tra animali fantastici, ambientazioni straordinarie, passioni e pulsioni che traggono origine dai bisogni primordiali dell’essere umano. Eterna giovinezza, amore fraterno, violenze, costrizioni, pentimenti, magia, desiderio e morte per un film fatto di immagini potenti e indimenticabili.

Matteo Garrone, regista, sceneggiatore e produttore, ha frequentato il Liceo Artistico e per un certo periodo si è dedicato alla pittura, accostandosi nel 1996 al mondo del cinema con il cortometraggio Silhouette. Autore di documentari, dirige i lungometraggi Terra di mezzo ed Estate romana prima di giungere al successo di critica con L’imbalsamatore (2002), dove a una grande ricerca formale unisce l’interesse alla documentazione della realtà che aveva caratterizzato i suoi primi lavori. Seguono opere di grande successo di critica e di pubblico come Gomorra, dal libro di Roberto Saviano, Reality, Il racconto dei racconti, Dogman e Pinocchio.

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LUNEDÌ 21.IX.2020
ORE 20.00

LONESOME COWBOYS

regia di Paul Morissey (non accreditato) e Andy Warhol, con Ramona D’Alvarez, Tom Hompertz, Louis Waldon, Eric Emerson, Taylor Mead, Joe Dallesandro

1968, Stati Uniti d’America, 109’, western [V.M.18]

Una rivisitazione ironica del genere western. Un gruppo di scanzonati e teneri cowboy giunge in un paese sperduto dell’Arizona. Qui trovano uno sceriffo che, per divertirsi e divertire i presenti, non esiterà a travestirsi da squaw e l’affascinante Ramona, la tenutaria di bordello con cui trascorrono piacevoli momenti. Un tono ironico e tenero, relazioni gay e non per raccontare le avventure di un gruppo di giovani e la loro vita. Un linguaggio che demolisce i canoni del cinema tradizionale del tempo e un’atmosfera che smitizza il genere cinematografico del western.

Andy Warhol (1928-1987) è stato uno dei personaggi più importanti della Pop Art. Vogue e Glamour furono le riviste in cui il giovane Warhol lavorò all’inizio come pubblicitario. La sua attività artistica ha sempre guardato al mondo dei consumi: i prodotti di massa erano, per lui, ciò che determina la democrazia sociale, dal momento che essi sono acquistabili tanto da un operaio quanto da un miliardario. La molteplicità dell’opera d’arte fu uno dei concetti chiave della sua ricerca con opere che spesso si presentano in serie caratterizzate semplicemente da variazioni cromatiche. Ugualmente alcune sue opere cinematografiche sembrano concentrarsi sulle infinite variazioni di luce che modificano un oggetto immobile. Così, ad esempio, il film Empire (1965) è costituito in sostanza dall’inquadratura fissa del famoso grattacielo nel variare della luce, come in Blow Job la macchina da presa cattura le variazioni di espressione di un uomo a cui, fuori campo, è praticata una fellatio. Andy Warhol diede vita alla Factory, laboratorio in cui si formarono alcuni degli artisti più rappresentativi degli ultimi anni.

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MARTEDÌ 22.IX.2020
ORE 20.00

IL SALE DELLA TERRA

regia di Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado con Sebastião Salgado, Wim Wenders, Juliano Ribeiro Salgado

2014, Brasile, Italia, Francia, 110’, documentario

Il film racconta il percorso di Sebastião Salgado che, abbandonato il Brasile nel 1969 per motivi politici, intraprende un lavoro per il quale viaggia in molti paesi del mondo. Il grande interesse per la fotografia lo spinge, nel 1973, a dedicarsi esclusivamente ad essa. Ne nascono reportage che fanno il giro del mondo e fotografie che diventano subito immagini iconiche sull’Africa, sull’America Latina e sui più importanti fenomeni che stanno sconvolgendo il pianeta.

Wim Wenders è uno dei principali esponenti del cosiddetto “Nuovo cinema tedesco”, che fece conoscere registi come Fassbinder, Herzog, Reitz, Schroeter. Trasferitosi a Parigi nel 1966, lavora dapprima come incisore per l’artista Johnny Friedlander, poi si sposta a Monaco dove frequenta l’Accademia di cinema. Realizza cortometraggi, scrive su riviste come critico cinematografico e, nel 1970, realizza il suo primo lungometraggio: Estate in città. Seguono titoli famosissimi come Alice nelle città, L’amico americano, con Bruno Ganz e Dennis Hopper, Lo stato delle cose, Paris Texas, Il cielo sopra Berlino. Insieme ai film di finzione, lungo tutta la sua carriera, Wim Wenders ha sempre realizzato anche opere di carattere documentaristico come Nick’s Movie, Tokyo-Ga, Buona Vista Social Club, Pina (in 3D) e Il sale della terra. Nel 2020 Wim Wenders ha realizzato l’istallazione in 3D Two or three things I know about Edward Hopper per la Fondazione Bayeler a Basilea.

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MERCOLEDÌ 23.IX.2020
ORE 20.00

JUBILEE

regia di Derek Jarman, con Jenny Runacre, Jordan, Little Nell, Toya Wilcox, Ian Charleson, Hermione Demoriane

1978, Regno Unito, 103’, drammatico/satirico [V.M.18]

Elisabetta I, nel 1578, chiede al suo alchimista John Dee di trasportarla nel futuro per vedere come sarà la sua nazione. Aiutati dall’angelo Ariel (che ha lo stesso nome del folletto della Tempesta di Shakespeare), i due si ritrovano così nel 1978, durante i festeggiamenti del giubileo d’argento di Elisabetta II. Quella che vedono è una Londra caotica che sta attraversando un momento di forte crisi economica e sociale in cui le stesse istituzioni sembrano avere perso il loro senso. Il film è stato definito il primo film “Punk” britannico.

Derek Jarman (1942-1994), formatosi alla Slade School of Art di Londra, si fa conoscere nel mondo del cinema come scenografo per I Diavoli di Ken Russel. Il forte sperimentalismo dei suoi cortometraggi in super 8 caratterizza anche Sebastiane (1976), lungometraggio girato in latino che si impone per il modo inedito di raccontare l’amore omosessuale. Grazie alla collaborazione dell’emittente televisiva Channel 4, Jarman riesce a realizzare pellicole che si caratterizzano proprio per la grande distanza che le separa dal cinema o dal racconto televisivo tradizionale. Nascono così Caravaggio, The Garden, Edoardo II, Wittgenstein. Il regista, autore anche di video musicali per i “Pet Shop Boys”, è stato una delle prime personalità dello spettacolo a rivelare pubblicamente di avere contratto l’HIV in un momento in cui a ciò era legato un fortissimo stigma sociale. Il suo ultimo lavoro, Blue, realizzato quando ormai la malattia aveva minato fortemente il suo fisico, consta di un’unica schermata blu sulla quale la voce dell’artista/regista racconta la sua vita.

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GIOVEDÌ 24.IX.2020
ORE 20.00

MILK

regia di Gus Van Sant, con Sean Penn, Emile Hirsch, Hosh Brolin, James Franco

2008, Stati Uniti d’America, 128’, biografico

Il film ripercorre la vita di Harvey Milk, assicuratore statunitense che nel 1970 decide di vivere apertamente la sua relazione omosessuale con Scott Smith. I due gestiscono insieme il Castro Camera, un negozio di fotografia destinato a diventare punto di riferimento per l’intera comunità gay, che proprio in quegli anni iniziava un difficile percorso di liberazione. Il grande riscontro ottenuto da Milk lo conduce all’attività politica e, dopo vari tentativi, all’elezione come consigliere comunale a San Francisco. Ma questo successo di Milk ha in sé anche gli elementi che ne trasformeranno l’ascesa in tragedia.

Gus Van Sant frequenta la Rhode Island School of Design avvicinandosi prima alla pittura e poi al cinema, che intende, però, in un senso fortemente sperimentale, come appare evidente nei cortometraggi che realizza subito dopo la scuola. Nel 1985 gira il suo primo lungometraggio, Mala Noche, cui seguono Drugstore Cowboy, My Own Private Idaho (uscito in Italia con il titolo Belli e Dannati) con River Phoenix e Keanu Reeves e Da morire con Nicole Kidman. Con il successivo Will Hunting – Genio Ribelle il regista ottiene una nomination all’Oscar, mentre con il remake di Psycho si aggiudica il Razzie Award, vale a dire il premio al peggior regista dell’anno. L’operazione (il rifacimento del film di Hitchcock inquadratura per inquadratura) è comunque un esperimento degno di nota. L’alternanza tra film indipendenti e film per grandi produzioni caratterizza la sua carriera: nel 2003 gira Elephant, film ambientato nel mondo della scuola e interamente interpretato da attori non professionisti, mentre nel 2009 viene nuovamente candidato all’Oscar per Milk. Gus Va Sant non ha mai abbandonato la pittura, con mostre individuali al Musés de l’Elysés a Losanna, Le Case d’Arte a Milano e al Jordan Schnitzer Museum of Art in Oregon ed esponendo disegni, dipinti, fotografie e lavori di video arte in mostre collettive.

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VENERDÌ 25.IX.2020
ORE 20.00

EISENSTEIN IN MESSICO


regia di Peter Greenaway, con Elmer Bäck, Luis Alberti, Maya Zapata, Rasmus Slätis, Jacob Örman, Lisa Owen

2014, Messico, Finlandia, Belgio, Francia, Paesi Bassi, 105’, drammatico [V.M.14]

É il 1931: l’acclamato regista Sergej Éjzenštejn, dopo il grande successo di La corazzata Potëmkin, giunge in Messico per la lavorazione del film Que viva Mexico! con cui intende raccontare la rivoluzione messicana che sente come molto vicina a quella russa. A fargli da guida è il professore Palomino Cañedo che non solo gli farà conoscere una cultura e un paese nuovi, ma anche una sessualità che fino a quel momento il noto cineasta non aveva voluto vedere nel profondo di sé.

Peter Greenaway, nato nel 1942, frequenta il Walthamstow College of Art. La pittura, infatti, è il suo primo interesse. Al cinema si dedica a partire dal 1962 con il cortometraggio Death of Sentiment, ma, quasi contemporaneamente, nel 1964, espone i suoi dipinti alla Lord’s Gallery. Attività artistica e cinematografica procedono parallele affiancando mostre, istallazioni e film. The Physical Self (Boymans Museum di Rotterdam) del 1991, ad esempio, è un’istallazione multimediale dedicata al corpo umano, Watching Water (Museo Fortuny di Venezia) del 1993 è dedicata all’acqua, L’Ultima Cena di Leonardo, del 2008, invece, al capolavoro leonardesco. Lui stesso, d’altronde, sostiene che nessuno dovrebbe avere il permesso di dirigere film se non dopo avere frequentato una scuola d’arte. Al film che gli dà notorietà internazionale, I misteri del giardino di Compton House del 1982, seguono pellicole di grande successo come Lo zoo di Venere, Il ventre dell’architetto, Giochi nell’acqua, Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante, L’ultima tempesta, I racconti del cuscino, Otto donne e ½ (un omaggio a Federico Fellini), Le valigie di Tulse Luper, Nightwatching, Golzius and the Pelican Company, Eisenstein in Messico e Walking to Paris. 

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SABATO 26.IX.2020
ORE 20.00

BIG EYES

regia di Tim Burton, con Amy Adams, Christoph Waltz, Danny Huston, Krysten Ritter, Jason Schwartzman, Terence Stamp

2014, Stati Uniti d’America, 106’, biografico

Nell’America degli anni Cinquanta, Margaret fugge dal primo marito e si sposa con un agente immobiliare con ambizioni artistiche. Sarà proprio la capacità manageriale di questo a far sì che i quadri dipinti da Margaret trovino un mercato sempre più ampio. Solo che questi quadri vengono presentati come opere non di lei, ma di lui. La motivazione addotta è che l’America degli anni Cinquanta era pronta ad accettare un artista uomo, molto meno un’artista donna. Ma tutto questo a Margaret non sta bene.

Tim Burton, fin da giovanissimo rivela una spiccata vena artistica di disegnatore e un forte interesse per il cinema. Vincitore di una borsa di studio al California Institute of the Arts, Tim Burton riesce a unire le sue due grandi passioni lavorando alla Disney. È così che realizza Vincent, il suo primo cortometraggio costruito con la tecnica dello stop motion. Non sarà, tuttavia, con la Disney che Tim Burton realizzerà il suo primo lungometraggio, ma con la Warner Bros. Beetlejuice – Spiritello porcello, questo il titolo del film, vincerà l’Oscar per il miglior trucco. Il successivo Batman otterrà un grande successo commerciale, ma sarà con la sua società di produzione che Burton preferirà realizzare altri film, in modo da essere più libero rispetto alle richieste del sistema cinematografico. Nascono così Edward Mani di Forbice, con Johnny Depp e Winona Ryder, Batman Forever e Nightmare Before Christmas, un progetto che Burton aveva tentato di fare anni prima ma che non ottenne l’approvazione della Disney. Alternando grandi successi a risultati meno incoraggianti al botteghino, Burton realizza film come La fabbrica di cioccolato, La sposa cadavere, Sweeney Todd, Big Eyes e Miss Peregrine - La casa dei ragazzi speciali. Al Museum of Modern Art di New York Tim Burton espone disegni, fotografie, bozzetti e costumi da lui realizzati per i suoi film e i suoi cortometraggi.

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DOMENICA 27.IX.2020
ORE 20.00

LA RICOTTA

regia di Pier Paolo Pasolini, con Orson Welles, Mario Cipriani, Laura Betti, Edmonda Aldini. Terzo episodio del film Ro.Go.Pa.G. (gli altri episodi sono diretti da Roberto Rossellini, Jean-Luc Godard e Ugo Gregoretti).

1963, Italia, Francia, 35’ [V.M.18]

Alla periferia di Roma si sta girando un film sulla Passione di Cristo in stile manierista. Stracci, che vive nelle borgate della città, è una comparsa. Durante la pausa, egli porta il proprio cestino del pranzo ai familiari, riuscendo poi, con un travestimento, a farsene dare un altro. Il cagnolino della diva protagonista, però, glielo divora. Si ricominciano le riprese. Stracci, affamato, interpreta il Ladrone Buono: per esigenze di scena deve essere crocifisso. Solo dopo tanti ciak riuscirà a procurarsi un po’ di ricotta. Ma la sua fame atavica avrà conseguenze terribili.  

Pier Paolo Pasolini (1922-1975) è stato una delle personalità più controversie della cultura italiana. Poeta, romanziere, sceneggiatore e regista, Pasolini è stato oggetto di grande ammirazione ma anche di violentissimi attacchi, con un numero esorbitante di denunce e processi a suo carico (circa 30), tra cui quello, conclusosi con la condanna per vilipendio alla religione di stato, proprio per La Ricotta. I suoi film, però, da Accattone a Mamma Roma, da Uccellacci Uccellini a Comizi d’amore, da Che cosa sono le nuvole a La terra vista dalla luna, a Teorema, Medea, Decameron, Salò o le centoventi giornate di Sodoma hanno segnato indelebilmente il nostro cinema e la nostra cultura. L’artista Fabio Mauri, nel 1975, ideò e realizzò la performance Intellettuale, in cui proiettò il film Il Vangelo secondo Matteo sulla camicia bianca indossata dallo stesso Pasolini, che quindi, in quanto performer, diventò schermo della sua stessa opera, sperimentandone gli effetti sul suo stesso corpo.

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