regia di Julie Taymor, con Alan Cumming, Jessica Lange, Anthony Hopkins, Harry Lennix, Laura Frazer
1999, Regno
Unito – Italia – Usa, 162’, drammatico
Tratto da Titus Andronicus, la prima tragedia scritta da Shakespeare, il film narra le vicende del generale romano il cui nome dà il titolo all’opera. La sua vittoria e la conseguente cattura di Tamora, regina dei Goti, è motivo di una serie infinita di vendette la cui crudeltà giunge a livelli di parossismo difficilmente immaginabili e che porteranno all’annientamento di tutti i personaggi coinvolti.
Julie Taymor, regista teatrale e cinematografica, è nata nel 1952 a Newton, negli Stati Uniti. Ha diretto The tempest (1986), Fool’s Fire (1992), Oedipus Rex (1993), Titus (1999), Frida (2002), Across the Universe (2007), The tempest (2010), The Glorias (2020). Nella carriera della regista ritornano più volte adattamenti da testi di Shakespeare che si fanno notare per la loro originalità. Se, nel caso di Titus, l’ambientazione senza tempo che unisce elementi di antichità a immagini moderne (come quella dell’EUR di Roma) si è imposta subito all’attenzione di critica e pubblico, anche la scelta, in The Tempest, di affidare a una donna il personaggio di Prospero ha suscitato curiosità. Con il film Frida Julie Taymor ha raccontato una delle più importanti figure femminili della storia dell’arte.
regia di Marco Bellocchio, con Maya Sansa, Fabrizio Bentivoglio, Valeria Bruni tedeschi, Michele Placido, Elda Alvigni, Pier Giorgio Bellocchio, Eleonora Danko
1999, Italia,
106’, drammatico
Partendo dalla novella di Luigi Pirandello, il film racconta, nella Roma umbertina, la vicenda di una coppia dell’alta borghesia nel momento in cui nasce il primo figlio. Tra la madre e il bambino non sembra svilupparsi alcun rapporto, al punto che è necessario rivolgersi a una balia, al cui seno, diversamente che a quello della madre, il piccolo si attacca. Questo fatto, inevitabilmente, modifica i rapporti tra i protagonisti, innescando gelosie e ripensamenti. A rendere più difficili le cose il comportamento di Annetta, il cui marito è in carcere per motivi politici, la quale ogni giorno si assenta per un breve lasso di tempo senza dare spiegazioni.
Marco Bellocchio, nato a Bobbio in provincia di Piacenza nel 1939, ha frequentato il
Centro Sperimentale di Cinematografia e, nel 1965, con I pugni in tasca,
il suo primo lungometraggio, ha vinto la Vela d’Argento al Festival di Locarno.
Con il successivo La Cina è vicina si è aggiudicato il Gran Premio della
giuria al Festival di Venezia del 1967. A film che affrontano temi di forte
attualità come Sbatti il mostro in prima pagina, La bella
addormentata, L’ora di religione, Il traditore il regista
accosta documentari, pellicole in costume (Vincere) e pellicole tratte
da opere letterarie e teatrali come, ad esempio, Il gabbiano, Enrico
IV, Diavolo in corpo, Il principe di Homburg, La Balia.
Nel film a episodi del 1969 Amore e Rabbia, che annovera fra gli altri La
sequenza del fiore di carta di Pier Paolo Pasolini, Bellocchio firma Discutiamo,
discutiamo.
regia di Emidio Greco, con Giuseppe Battiston, Ambra Angiolini, Iaia Forte
2010, Italia, 89’, drammatico
Il Professore vive in una casa d’appuntamenti facendo quei piccoli lavori che, utili alla conduzione della casa, sono compatibili con il suo ritardo mentale. Un giorno, però, per soddisfare il favore chiestogli da una conoscente, va in ospedale a trovare una donna che, in passato, ha lavorato come prostituta all’interno della casa. L’incontro si rivelerà fondamentale per tutti e due e fondamentale sarà il sito della bellissima Villa dell’Imperatore Adriano, da cui emerge l’immagine di un passato che, pur non mantenendo il fulgore di un tempo, conserva un irresistibile senso della bellezza.
Emidio Greco (20 ottobre 1938 – 22 dicembre 2012) ha esordito alla regia nel 1974 con L’invenzione di Morel, dal romanzo di Adolfo Bioy Casares. L’origine letteraria caratterizza una buona parte dei suoi film: Karen Blixen per Ehrengard (1982), Leonardo Sciascia per Una storia semplice, 1991 e Il consiglio d’Egitto, 2002, Franco Lucentini per Notizie degli scavi. Il suo documentario Niente da vedere niente da nascondere racconta l’opera dell’artista Alighiero Boetti con la voce dello stesso Boetti.
regia di Dino Risi, con Coluche, Michel Serrault, Ugo Tognazzi, Carole Bouquet, Isabella Ferrari, Michael Lonsdale, Venantino Venantini, Moana Pozzi
1984, Francia - Italia, 118’, comico storico
Nei primi anni del VII secolo, il re Dagobert compie un viaggio a Roma per ottenere dal papa Honorius I l’assoluzione dai numerosi peccati compiuti. Il vero papa, però, è stato rapito e, al suo posto, Dagobert trova un sosia identico a quello in tutto e per tutto tranne che nel rigore morale. Per conseguire i suoi scopi politici, il finto papa non pensa tanto ad assolvere Dagobert, quanto, piuttosto, a farlo unire in matrimonio alla bellissima principessa bizantina Héméré.
Dino Risi (23 dicembre 1917 – 7 giugno 2008) è stato uno dei più noti registi italiani. A lui si devono titoli che hanno contribuito a scrivere la storia del nostro cinema. Poveri ma belli (1956), Il sorpasso (1962), La marcia su Roma (1962), I mostri (1963), Vedo nudo (1969), Sessomatto (1973), Profumo di donna (1974) sono solo alcuni dei film da lui diretti. Con Dino Risi il cinema comico affronta temi e trova modi del tutto nuovi. Insieme a Mario Monicelli e a Luigi Comencini Dino Risi è considerato uno dei principali esponenti della commedia all’italiana.
regia di Matteo Garrone, con Salma Hayek,
Vincent Cassel, John C. Reilly, Christian Lees, Jonah Lees, Alba Rorhwacher,
Massimo Ceccherini
2015, Francia, 134’, Fantasy
Il film è la trasposizione cinematografica di tre novelle di Lo cunto de li cunti, raccolta di fiabe di Giambattista Basile pubblicata nei primi decenni del Seicento. La cerva, La pulce e Le due vecchie sono i titoli dei racconti che compongono la trama di un film che si muove tra animali fantastici, ambientazioni straordinarie, passioni e pulsioni che traggono origine dai bisogni primordiali dell’essere umano. Eterna giovinezza, amore fraterno, violenze, costrizioni, pentimenti, magia, desiderio e morte per un film fatto di immagini potenti e indimenticabili.
Matteo Garrone,
regista, sceneggiatore e produttore, ha frequentato il Liceo Artistico e per un
certo periodo si è dedicato alla pittura, accostandosi nel 1996 al mondo del
cinema con il cortometraggio Silhouette. Autore di documentari, dirige i
lungometraggi Terra di mezzo ed Estate romana prima di giungere
al successo di critica con L’imbalsamatore (2002), dove a una grande
ricerca formale unisce l’interesse alla documentazione della realtà che aveva
caratterizzato i suoi primi lavori. Seguono opere di grande successo di critica
e di pubblico come Gomorra, dal libro di Roberto Saviano, Reality,
Il racconto dei racconti, Dogman e Pinocchio.
regia di Paul Morissey (non accreditato) e Andy Warhol, con Ramona D’Alvarez, Tom Hompertz, Louis Waldon, Eric Emerson, Taylor Mead, Joe Dallesandro
1968, Stati
Uniti d’America, 109’, western [V.M.18]
Una rivisitazione ironica del genere western. Un gruppo di scanzonati e teneri cowboy giunge in un paese sperduto dell’Arizona. Qui trovano uno sceriffo che, per divertirsi e divertire i presenti, non esiterà a travestirsi da squaw e l’affascinante Ramona, la tenutaria di bordello con cui trascorrono piacevoli momenti. Un tono ironico e tenero, relazioni gay e non per raccontare le avventure di un gruppo di giovani e la loro vita. Un linguaggio che demolisce i canoni del cinema tradizionale del tempo e un’atmosfera che smitizza il genere cinematografico del western.
Andy Warhol (1928-1987) è stato uno dei personaggi più importanti della Pop Art. Vogue e Glamour furono le riviste in cui il giovane Warhol lavorò all’inizio come pubblicitario. La sua attività artistica ha sempre guardato al mondo dei consumi: i prodotti di massa erano, per lui, ciò che determina la democrazia sociale, dal momento che essi sono acquistabili tanto da un operaio quanto da un miliardario. La molteplicità dell’opera d’arte fu uno dei concetti chiave della sua ricerca con opere che spesso si presentano in serie caratterizzate semplicemente da variazioni cromatiche. Ugualmente alcune sue opere cinematografiche sembrano concentrarsi sulle infinite variazioni di luce che modificano un oggetto immobile. Così, ad esempio, il film Empire (1965) è costituito in sostanza dall’inquadratura fissa del famoso grattacielo nel variare della luce, come in Blow Job la macchina da presa cattura le variazioni di espressione di un uomo a cui, fuori campo, è praticata una fellatio. Andy Warhol diede vita alla Factory, laboratorio in cui si formarono alcuni degli artisti più rappresentativi degli ultimi anni.
regia di Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado con Sebastião Salgado, Wim Wenders, Juliano Ribeiro Salgado
2014, Brasile, Italia, Francia, 110’, documentario
Il film racconta il percorso di Sebastião Salgado che, abbandonato il Brasile nel 1969 per motivi politici, intraprende un lavoro per il quale viaggia in molti paesi del mondo. Il grande interesse per la fotografia lo spinge, nel 1973, a dedicarsi esclusivamente ad essa. Ne nascono reportage che fanno il giro del mondo e fotografie che diventano subito immagini iconiche sull’Africa, sull’America Latina e sui più importanti fenomeni che stanno sconvolgendo il pianeta.
Wim Wenders è uno dei principali esponenti del cosiddetto “Nuovo cinema tedesco”,
che fece conoscere registi come Fassbinder, Herzog, Reitz, Schroeter.
Trasferitosi a Parigi nel 1966, lavora dapprima come incisore per l’artista
Johnny Friedlander, poi si sposta a Monaco dove frequenta l’Accademia di
cinema. Realizza cortometraggi, scrive su riviste come critico cinematografico
e, nel 1970, realizza il suo primo lungometraggio: Estate in città.
Seguono titoli famosissimi come Alice nelle città, L’amico americano,
con Bruno Ganz e Dennis Hopper, Lo stato delle cose, Paris Texas,
Il cielo sopra Berlino. Insieme ai film di finzione, lungo tutta la sua
carriera, Wim Wenders ha sempre realizzato anche opere di carattere
documentaristico come Nick’s Movie, Tokyo-Ga, Buona Vista
Social Club, Pina (in 3D) e Il sale della terra. Nel 2020 Wim
Wenders ha realizzato l’istallazione in 3D Two or three things I know about
Edward Hopper per la Fondazione Bayeler a Basilea.
regia di Derek Jarman, con Jenny Runacre, Jordan, Little Nell, Toya Wilcox, Ian Charleson, Hermione Demoriane
1978, Regno
Unito, 103’, drammatico/satirico [V.M.18]
Elisabetta I, nel 1578, chiede al suo alchimista John Dee di trasportarla nel futuro per vedere come sarà la sua nazione. Aiutati dall’angelo Ariel (che ha lo stesso nome del folletto della Tempesta di Shakespeare), i due si ritrovano così nel 1978, durante i festeggiamenti del giubileo d’argento di Elisabetta II. Quella che vedono è una Londra caotica che sta attraversando un momento di forte crisi economica e sociale in cui le stesse istituzioni sembrano avere perso il loro senso. Il film è stato definito il primo film “Punk” britannico.
Derek Jarman (1942-1994), formatosi alla Slade School of Art di Londra, si fa conoscere nel mondo del cinema come scenografo per I Diavoli di Ken Russel. Il forte sperimentalismo dei suoi cortometraggi in super 8 caratterizza anche Sebastiane (1976), lungometraggio girato in latino che si impone per il modo inedito di raccontare l’amore omosessuale. Grazie alla collaborazione dell’emittente televisiva Channel 4, Jarman riesce a realizzare pellicole che si caratterizzano proprio per la grande distanza che le separa dal cinema o dal racconto televisivo tradizionale. Nascono così Caravaggio, The Garden, Edoardo II, Wittgenstein. Il regista, autore anche di video musicali per i “Pet Shop Boys”, è stato una delle prime personalità dello spettacolo a rivelare pubblicamente di avere contratto l’HIV in un momento in cui a ciò era legato un fortissimo stigma sociale. Il suo ultimo lavoro, Blue, realizzato quando ormai la malattia aveva minato fortemente il suo fisico, consta di un’unica schermata blu sulla quale la voce dell’artista/regista racconta la sua vita.
regia di Gus Van Sant, con Sean Penn, Emile Hirsch, Hosh Brolin, James Franco
2008, Stati
Uniti d’America, 128’, biografico
Il film ripercorre la vita di Harvey Milk, assicuratore statunitense che nel 1970 decide di vivere apertamente la sua relazione omosessuale con Scott Smith. I due gestiscono insieme il Castro Camera, un negozio di fotografia destinato a diventare punto di riferimento per l’intera comunità gay, che proprio in quegli anni iniziava un difficile percorso di liberazione. Il grande riscontro ottenuto da Milk lo conduce all’attività politica e, dopo vari tentativi, all’elezione come consigliere comunale a San Francisco. Ma questo successo di Milk ha in sé anche gli elementi che ne trasformeranno l’ascesa in tragedia.
Gus Van Sant frequenta la Rhode Island School of Design avvicinandosi prima alla
pittura e poi al cinema, che intende, però, in un senso fortemente
sperimentale, come appare evidente nei cortometraggi che realizza subito dopo
la scuola. Nel 1985 gira il suo primo lungometraggio, Mala Noche, cui
seguono Drugstore Cowboy, My Own Private Idaho (uscito in Italia
con il titolo Belli e Dannati) con River Phoenix e Keanu Reeves e Da
morire con Nicole Kidman. Con il successivo Will Hunting – Genio Ribelle
il regista ottiene una nomination all’Oscar, mentre con il remake di Psycho
si aggiudica il Razzie Award, vale a dire il premio al peggior regista
dell’anno. L’operazione (il rifacimento del film di Hitchcock inquadratura per
inquadratura) è comunque un esperimento degno di nota. L’alternanza tra film
indipendenti e film per grandi produzioni caratterizza la sua carriera: nel
2003 gira Elephant, film ambientato nel mondo della scuola e interamente
interpretato da attori non professionisti, mentre nel 2009 viene nuovamente
candidato all’Oscar per Milk. Gus Va Sant non ha mai abbandonato la
pittura, con mostre individuali al Musés de l’Elysés a Losanna, Le Case d’Arte
a Milano e al Jordan Schnitzer Museum of Art in Oregon ed esponendo disegni,
dipinti, fotografie e lavori di video arte in mostre collettive.
É il 1931: l’acclamato regista Sergej Éjzenštejn, dopo il grande successo di La corazzata Potëmkin, giunge in Messico per la lavorazione del film Que viva Mexico! con cui intende raccontare la rivoluzione messicana che sente come molto vicina a quella russa. A fargli da guida è il professore Palomino Cañedo che non solo gli farà conoscere una cultura e un paese nuovi, ma anche una sessualità che fino a quel momento il noto cineasta non aveva voluto vedere nel profondo di sé.
Peter Greenaway, nato nel 1942, frequenta il Walthamstow College of Art. La pittura,
infatti, è il suo primo interesse. Al cinema si dedica a partire dal 1962 con
il cortometraggio Death of Sentiment, ma, quasi contemporaneamente, nel
1964, espone i suoi dipinti alla Lord’s Gallery. Attività artistica e
cinematografica procedono parallele affiancando mostre, istallazioni e film. The
Physical Self (Boymans Museum di Rotterdam) del 1991, ad esempio, è
un’istallazione multimediale dedicata al corpo umano, Watching Water (Museo Fortuny di
Venezia) del 1993 è dedicata all’acqua, L’Ultima Cena di Leonardo, del
2008, invece, al capolavoro leonardesco. Lui stesso, d’altronde, sostiene che
nessuno dovrebbe avere il permesso di dirigere film se non dopo avere
frequentato una scuola d’arte. Al film che gli dà notorietà internazionale, I
misteri del giardino di Compton House del 1982, seguono pellicole di grande
successo come Lo zoo di Venere, Il ventre dell’architetto, Giochi
nell’acqua, Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante, L’ultima
tempesta, I racconti del cuscino, Otto donne e ½ (un omaggio a Federico
Fellini), Le valigie di Tulse Luper, Nightwatching, Golzius and the Pelican
Company, Eisenstein in Messico e Walking to Paris.
regia di Tim Burton, con Amy Adams, Christoph Waltz, Danny Huston, Krysten Ritter, Jason Schwartzman, Terence Stamp
2014, Stati
Uniti d’America, 106’, biografico
Nell’America degli anni Cinquanta, Margaret fugge dal primo marito e si sposa con un agente immobiliare con ambizioni artistiche. Sarà proprio la capacità manageriale di questo a far sì che i quadri dipinti da Margaret trovino un mercato sempre più ampio. Solo che questi quadri vengono presentati come opere non di lei, ma di lui. La motivazione addotta è che l’America degli anni Cinquanta era pronta ad accettare un artista uomo, molto meno un’artista donna. Ma tutto questo a Margaret non sta bene.
Tim Burton, fin
da giovanissimo rivela una spiccata vena artistica di disegnatore e un forte
interesse per il cinema. Vincitore di una borsa di studio al California
Institute of the Arts, Tim Burton riesce a unire le sue due grandi passioni
lavorando alla Disney. È così che realizza Vincent, il suo primo
cortometraggio costruito con la tecnica dello stop motion. Non sarà, tuttavia,
con la Disney che Tim Burton realizzerà il suo primo lungometraggio, ma con la
Warner Bros. Beetlejuice – Spiritello porcello, questo il titolo del
film, vincerà l’Oscar per il miglior trucco. Il successivo Batman
otterrà un grande successo commerciale, ma sarà con la sua società di
produzione che Burton preferirà realizzare altri film, in modo da essere più
libero rispetto alle richieste del sistema cinematografico. Nascono così Edward
Mani di Forbice, con Johnny Depp e Winona Ryder, Batman Forever e Nightmare
Before Christmas, un progetto che Burton aveva tentato di fare anni prima
ma che non ottenne l’approvazione della Disney. Alternando grandi successi a
risultati meno incoraggianti al botteghino, Burton realizza film come La
fabbrica di cioccolato, La sposa cadavere, Sweeney Todd, Big
Eyes e Miss Peregrine - La casa dei ragazzi speciali. Al Museum of
Modern Art di New York Tim Burton espone disegni, fotografie, bozzetti e
costumi da lui realizzati per i suoi film e i suoi cortometraggi.
regia di Pier Paolo Pasolini, con Orson Welles, Mario Cipriani, Laura Betti, Edmonda Aldini. Terzo episodio del film Ro.Go.Pa.G. (gli altri episodi sono diretti da Roberto Rossellini, Jean-Luc Godard e Ugo Gregoretti).
1963, Italia,
Francia, 35’ [V.M.18]
Alla periferia di Roma si sta girando un film sulla Passione di Cristo in stile manierista. Stracci, che vive nelle borgate della città, è una comparsa. Durante la pausa, egli porta il proprio cestino del pranzo ai familiari, riuscendo poi, con un travestimento, a farsene dare un altro. Il cagnolino della diva protagonista, però, glielo divora. Si ricominciano le riprese. Stracci, affamato, interpreta il Ladrone Buono: per esigenze di scena deve essere crocifisso. Solo dopo tanti ciak riuscirà a procurarsi un po’ di ricotta. Ma la sua fame atavica avrà conseguenze terribili.
Pier Paolo Pasolini (1922-1975) è stato una delle personalità più controversie della cultura italiana. Poeta, romanziere, sceneggiatore e regista, Pasolini è stato oggetto di grande ammirazione ma anche di violentissimi attacchi, con un numero esorbitante di denunce e processi a suo carico (circa 30), tra cui quello, conclusosi con la condanna per vilipendio alla religione di stato, proprio per La Ricotta. I suoi film, però, da Accattone a Mamma Roma, da Uccellacci Uccellini a Comizi d’amore, da Che cosa sono le nuvole a La terra vista dalla luna, a Teorema, Medea, Decameron, Salò o le centoventi giornate di Sodoma hanno segnato indelebilmente il nostro cinema e la nostra cultura. L’artista Fabio Mauri, nel 1975, ideò e realizzò la performance Intellettuale, in cui proiettò il film Il Vangelo secondo Matteo sulla camicia bianca indossata dallo stesso Pasolini, che quindi, in quanto performer, diventò schermo della sua stessa opera, sperimentandone gli effetti sul suo stesso corpo.
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